Qualche giorno fa ho condiviso nelle storie di Instagram una bella notizia, cioè il fatto di essere stata ospite del podcast “Pop up green” di Arianna De Biasi di Dress Ecode.
Purtroppo ero appena rientrata dalle ferie e con le tante cose da fare post rientro non ho avuto il tempo né il modo per raccontare meglio questa bella esperienza.
Arianna da tempo si occupa di moda sostenibile: di come essere più sostenibili nel nostro piccolo, di aziende che fanno green washing, delle nuove tecnologie, di nuovi materiali e di come pensare alla reale sostenibilità dei materiali che già abbiamo a disposizione, insomma uno sguardo a 360° in questo mondo complesso ma sempre più importante se vogliamo avere ancora un mondo da abitare nei prossimi decenni.
Se ne occupa su Instagram, facebook, sul sito, con un bellissimo podcast e anche con un magazine che arriva direttamente nelle caselle di posta deə iscrittə alla sua newsletter.
Ci seguiamo a vicenda da tempo, ma non abbiamo mai parlato di fare qualcosa insieme, questo fino a giugno.
Uno dei bikini ordinabili
Premessa, a maggio faccio due cose: presento i miei nuovi bikini ordinabili su misura e vado a trovare una persona che non vedevo da parecchio tempo, Cinzia Metta di Puntopienolab, un negozio laboratorio dove da tempo si fanno corsi di cucito a vari livelli e, parlando di tante cose, ci viene in mente di realizzare un corso di modellistica e confezione di un bikini presso il suo lab e in breve tempo lo mettiamo in piedi.
Nello stesso mese di maggio parte il primo corso “Crea il tuo bikini” e intorno alla fine del mese cominciamo a parlare della seconda edizione per luglio.
Uno dei primi lavori del primo corso
Infatti abbiamo pensato da subito a questo corso come un corso a più edizioni, la prima a maggio, la seconda a giugno e, a richiesta, la disponibilità per un terzo corso a luglio. Questo perché non potevamo accogliere più di 3/4 persone sia per questioni di spazio sia per poter seguire bene le allieve.
Quando ho iniziato a parlare della seconda edizione del corso “crea il tuo bikini” (questo il nome che gli abbiamo dato) su instagram, Arianna mi ha contattata e mi ha chiesto se ero interessata a partecipare al suo podcast per parlarne, io ho accolto questa opportunità con grande entusiasmo e ci siamo organizzate.
Arianna è venuta durante lo svolgimento della penultima lezione e ha potuto incontrare, oltre me e Cinzia anche una allieva che aveva partecipato al primo corso e la ragazza che stava partecipando al secondo.
Ci siamo trovate subito bene, più che un’intervista sembrava di essere tra amiche che parlano, bevendo una tazza di tè freddo (troppo calda questa estate per una vera tazza di tè caldo), gentilmente offerto dalla nostra ospite Cinzia, insieme a qualche biscottino, scambiando opinioni e parlando di come cercare di essere più attente all’ambiente, a ridurre gli sprechi e a cercare di ridurre il nostro impatto.
Da questa atmosfera sono usciti tanti argomenti interessanti, si è parlato anche di lingerie e di mestieri che stanno sparendo, come quello della bustaia ad esempio, tutti riportati fedelmente anche nel podcast che però non è stato possibile approfondire, così ho pensato di scriverne qui, sul blog, per andare più a fondo.
Uno degli argomenti, anche il primo di cui ti voglio parlare, che ha animato il nostro incontro è legato al far da sé.
Realizzare da soli un indumento da indossare, che sia un costume o un paio di pantaloni, un abito o un bikini, come nel caso di questo corso, ha molti effetti positivi.
Un nuovo bikini dopo aver frequentato il corso
Può aiutare a ridurre lo stress: i lavori manuali aiutano a concentrarsi e a lasciare i pensieri che ci occupano la maggior parte della giornata ben lontani da ciò che si crea.
Il ritmo più lento ha un effetto calmante, senza contare la soddisfazione finale di aver realizzato qualcosa dall’inizio alla fine e poterlo indossare.
Poter rispondere poi a chi ti chiede “Che bello, dove lo hai comprato?” “L’ho fatto io!” non ha prezzo.
E poi ti aiuta a capire il reale valore delle cose.
Quando progetti qualcosa di nuovo devi andare a comprare il tessuto necessario nella giusta quantità, devi comprare il filo, la fodera se necessaria, bottoni o chiusure, insomma tutto quello che serve.
Nel caso del bikini devi acquistare la lycra, l’elastico adatto, il filo e l’ago specifici per questo tessuto.
Poi ci devi aggiungere il tempo per realizzare il cartamodello o, se lo acquisti, il costo; devi tagliare tutte le parti, unirle, fare la o le prove necessarie ed infine cucire e rifinire bene tutte i pezzi.
Fare tutto questo percorso ti fa capire ancora meglio che quando vai ad acquistare qualcosa che ha un prezzo davvero basso da qualche parte c’è qualcosa che non va.
O anche più cose: materiali scadenti, modellistica poco studiata e poco inclusiva, qualità della confezione approssimativa, cura del dettaglio completamente assente e, soprattutto, sfruttamento del lavoro.
Ti faccio un esempio: restando in ambito costumi puoi trovare i tessuti adatti a partire dai 9€, ma più cerchi tessuti di qualità con belle stampe più il prezzo sale e li trovi anche a 35/40€ al metro (volendo anche di più), poi devi aggiungere il costo dell’elastico e del filo adatto. Considerato che in media per un bikini ci vogliono almeno 50cm di tessuto, tutto il materiale da solo può arrivare a costare anche 40/50€ e ancora devi mettere mano al tessuto!
Devi poi aggiungere il tempo che ti serve per realizzarlo, solitamente nel tempo libero e, se sei appunto una persona che fa questo per hobby, ti ci vorranno parecchie ore e devi mettere in conto anche il tempo per eventuali scuciture per sistemare un piccolo errore durante la lavorazione o la macchina che fa i capricci.
Insomma ti è richiesto un bell’impegno ma, credimi, ne vale la pena perché la soddisfazione sarà davvero grande.
Tutto questo però dovrebbe farti anche riflettere su come possa costare 10€, o anche meno, lo stesso bikini acquistato in un negozio di una catena di fast fashion o in uno di quei siti ormai molto famosi dove tutto costa pochissimo e una nuova collezione viene presentata ogni settimana.
Purtroppo oggi non c’è più la cultura del “compra poco, di qualità e che sia duraturo”, oggi sembra che il mondo sia impazzito, c’è una corsa al consumo impressionante, si vuole tutto e subito, ormai tutto il mondo è diventato un grande centro commerciale, questo implica un grande consumo di risorse, anche solo per far arrivare il prodotto che vogliamo dall’altra parte del mondo fino a casa nostra.
Ricordo che, da ragazza, spesso andavo a frugare nell’armadio di mia madre, prendevo le cose che non indossava più e cercavo di trasformarle quel poco che mi consentisse di indossarle secondo il mio stile originale e, se erano abiti che indossava ancora, li mescolavo ad altri capi per avere un look sempre nuovo.
In realtà però di cose realmente nuove a casa ne entravano poche, in media 2-3 cose a stagione ma erano sempre di ottima fattura e i tessuti di buona/ottima qualità, per cui duravano davvero tantissimo tempo restando praticamente nuovi. Per consumarli dovevi usarli davvero tanto e in condizioni estreme, ed anche così ci mettevano un po’ ad avere quell’aria stanca e vissuta che ne determinava la fine.
Ho ancora nell’armadio capi della fine degli anni ‘80/inizio anni ’90 che sono in perfette condizioni e che non posso indossare solo perché ho cambiato taglia.
Dubito che un capo comprato in uno di quei negozi possa durare così tanto ma, quello che più mi fa soffrire, è che in realtà sia cambiata la mentalità e quello che conta è avere sempre qualcosa di nuovo.
Ma sono anche ottimista, penso che le nuovissime generazioni siano molto più attente e, probabilmente, preoccupate per il nostro bel pianeta e quindi comincino ad avere comportamenti molto diversi da chi le ha precedute.
Emma, l’allieva che seguivo nel giorno dell’intervista, pur giovanissima ci raccontava che lei acquista nei mercatini dell’usato, cerca nell’armadio della nonna e vuole imparare a cucire bene per autoprodursi le cose che desidera, su misura e usando magari anche tessuti di recupero.
È ormai lampante che qualcosa debba cambiare nella nostra vita e nel modo in cui “consumiamo”. Io, nel mio piccolo, cerco di adottare comportamenti etici in tutti gli aspetti della mia vita, lavoro compreso. Ma di questo ti racconterò nel prossimo articolo dove ho intenzione di parlare più approfonditamente di sostenibilità anche dove sembrerebbe che non sia possibile.
Spero che questo post ti sia piaciuto, sentiti liberə di condividerlo con chi vuoi (sempre con rispetto e citando chi lo ha scritto) e dove vuoi.
A presto