I miei inizi
Erano i favolosi anni ’80, più precisamente la fine del 1986, quando ho abbandonato definitivamente i miei studi universitari in giurisprudenza per entrare alla Koefia, una prestigiosa Accademia di Moda e Costume di Roma.
Dopo 3 anni ne sono uscita con un bel diploma e tanta voglia di buttarmi a capofitto in questo mondo e ho cominciato a farmi le ossa entrando a lavorare in laboratori e sartorie.
Mi proponevo come modellista, ma già dal primo lavoro ottenuto ho trovato un ostacolo, anche bello grosso: quando chiedevo un manichino per modellare mi guardavano tutti come se avessi cominciato improvvisamente a parlare in giapponese!
Eh sì, in Accademia avevo imparato a modellare con la tecnica del “moulage”, ovvero della modellazione fatta direttamente sul manichino.
La tecnica è bellissima e ti consente di fare cose anche molto complesse.
È quasi come, perdonami il paragone, creare una scultura, seguire le linee del corpo (del manichino) ma, a seconda dell’ispirazione, plasmandole seguendo le linee della creatività di chi sta manipolando la carta (o il tessuto).
E quindi?
Quindi mi sono sentita spinta a cercare altre tecniche, ad imparare cose nuove, a studiare.
Fa parte del mio carattere, ormai ci ho fatto pace.
Se una cosa mi piace devo studiarla, non mi basta prendere solo qualche informazione, ma mi ci devo dedicare in maniera quasi compulsiva, finché non l’ho capita completamente, poi posso decidere se effettivamente mi piace davvero, se può essermi utile, se posso integrarla nel mio lavoro o nella mia vita personale.
Gli aggiornamenti
Da allora ho studiato diversi metodi di modellazione: da quelli con le squadre che hanno delle forme intagliate all’interno e vari punti numerati da seguire per realizzare un tracciato base, ai metodi di costruzione che partono da schemi creati direttamente con le misure prese con il metro da sarta e trasferite sulla carta con l’aiuto di righe e squadre normali, come quelle usate a scuola.
Devo ammettere che sono stata anche piacevolmente sorpresa, da qualcuno più di altri, ho scoperto che anche disegnare in piano quello che si ha in mente può produrre lavori di tutto rispetto.
Ammetto anche però che “l’imprinting” che ho ricevuto dal primo metodo imparato me lo fa continuare a preferire e uso sempre quello quando devo fare dei lavori particolari e complessi.
In questo percorso di anni però, ho notato che, ogni volta che mi apprestavo a studiare qualcosa di nuovo, oltre alla curiosità, la spinta che mi muoveva era quella di risolvere un problema, soddisfare un bisogno.
Passare a modellare dal manichino al tavolo, per alcuni capi, come una gonna o un pantalone, mi ha consentito per esempio, di risparmiare tempo senza modificare la qualità finale del prodotto, soddisfacendo, contemporaneamente, il mio bisogno di sveltire alcuni passaggi per finire prima e non andare a pesare sul prezzo finale del lavoro.
Trovare soluzioni
Così, una decina di anni fa circa, mentre, come al solito, litigavo col mio reggiseno perché mi dava fastidio, non conteneva bene, mi faceva male sulle spalle e mi dava tutti quei problemi che conoscerai benissimo anche tu, mi sono detta: “ma perché non te lo fai da sola un reggiseno? Sicuramente sarà più comodo di quelli che porti e con cui litighi tutti i giorni!”
Wow! Idea geniale! Perché non ci ho pensato prima? Ah, già… perché non lo so fare!
In Accademia non c’era un corso specifico o una materia che si occupasse di reggiseni, o meglio, potevo creare un corpetto con le coppe per un abito, ma non un reggiseno vero e proprio e no, non è la stessa cosa.
Un reggiseno ha una struttura e delle caratteristiche particolari, ogni pezzo ha la sua funzione e non si possono fare le cose a caso perché i risultati sarebbero disastrosi, non ci si può improvvisare insomma.
E indovina? Mi sono rimessa a studiare.
Ho cercato ovunque, ma corsi non ne ho trovati e libri neanche a parlarne, almeno non in italiano, così, dopo numerosi acquisti di testi inglesi, qualcosa in spagnolo e diversi tentativi non proprio perfetti, circa un anno più tardi, sono riuscita a creare il primo reggiseno che mi stesse bene, proprio come lo volevo.
Ovviamente, strafelice di poter andare in giro finalmente con qualcosa che non mi segasse le spalle, mi tenesse quello che c’è da tenere ed anche comodo, qual è stato il secondo passo?
Mi si è accesa una lampadina e mi sono detta: “ma allora, se ho risolto il mio problema, posso risolvere anche quello di altre donne che, come me, hanno sempre avuto difficoltà ad entrare in un negozio ed uscire con qualcosa di bello e funzionale”
Sì, ammetto che forse i miei tempi sono stati un po’ lunghi: dall’aver capito cosa potevo fare, al metterlo in pratica, è passato un po’ di tempo, ma oggi so che è proprio questo l’ambito in cui voglio lavorare…
Mi dà una grande soddisfazione vedere come cambia lo sguardo delle mie clienti quando provano il loro reggiseno pronto da portare a casa, mi è capitato anche che decidessero di andar via con il nuovo indossato e il vecchio nella busta.
E la cosa più bella è sentirmi dire “ma sai che non lo sento?” “ma c’è davvero il ferretto?” perché, incredibilmente, un reggiseno della giusta misura è assolutamente confortevole.
Non dà fastidio, supporta gentilmente, ti fa sentire in ordine e piacevolmente più sicura perché non si muove, non fa scappare nulla di fuori, il ferretto non ti si conficca nel braccio o nel torace e può essere ugualmente bello, come e anche più di quelli che compri in un negozio.
Ed oggi sono qua, non smetterò mai di studiare per migliorarmi o per trovare nuove soluzioni, perché quando incontro una donna con un problema specifico, come per esempio una misura di coppa molto grande rispetto alle sue proporzioni, un seno molto diverso dall’altro (già, siamo asimmetriche, qualcuna di più e qualcuna lo è diventata, purtroppo).
Ecco, in questi casi mi rimetto a studiare come risolvere il problema nel modo più pratico, mantenendo però anche una certa estetica perché una donna non vuole sentirsi solo “coperta” ma anche mantenere ed esaltare la propria visione di sé.
Da oggi dunque riparto anche su questo blog per raccontarti di quello che faccio e di come risolvo le problematiche di chi non veste le misure standard offerte sul mercato.
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A presto
Che bello!
Tra l’altro mi hai ripensare a quando da piccola andavo dalla sarta con mia mamma e le misure venivano prese direttamente sul suo corpo, ed è peccato che tutto ciò vada scomparendo, per cui doppi complimenti!
Grazie, purtroppo è vero che stanno scomparendo, ma io sono ottimista e penso che, lentamente, queste attività torneranno, magari non esattamente nello stesso modo, ma non si perderanno.
O almeno è una mia grande speranza…